La stupidità.
Non vi è altro modo di definire la cancellazione dei murales dell’ex OPP di Trieste, un pezzo di storia italiana, nonché il luogo da cui ebbe inizio la Rivoluzione di Franco Basaglia.
Arte, storia e società si fondevano, a Trieste, nel ricordo di quei magici anni Settanta in cui quella città relegata a centro di confine senza più il suo entroterra si riscattava attraverso la grande rivoluzione che, di lì a pochi anni, avrebbe incluso nuovamente i suoi figli “infermi di mente” nel contesto dei “normali”.
Non vi è altro modo di definire la cancellazione dei murales dell’ex OPP di Trieste, un pezzo di storia italiana, nonché il luogo da cui ebbe inizio la Rivoluzione di Franco Basaglia.
Arte, storia e società si fondevano, a Trieste, nel ricordo di quei magici anni Settanta in cui quella città relegata a centro di confine senza più il suo entroterra si riscattava attraverso la grande rivoluzione che, di lì a pochi anni, avrebbe incluso nuovamente i suoi figli “infermi di mente” nel contesto dei “normali”.
Quelle erano opere di Ugo Guarino, artista e vignettista,
che raccontava in quegli stessi, difficili quanto entusiasmanti anni, quanto
stesse accadendo “tra il dentro e il fuori”.
Anche il graffito più di ogni altro simbolo di quei tempi, che recitava “LA LIBERTÀ È TERAPEUTICA”, non esiste più.
Pare quasi che una mano di vernice anonima abbia voluto cancellare quel che rimaneva del simbolo di un’epoca.
Anche il graffito più di ogni altro simbolo di quei tempi, che recitava “LA LIBERTÀ È TERAPEUTICA”, non esiste più.
Pare quasi che una mano di vernice anonima abbia voluto cancellare quel che rimaneva del simbolo di un’epoca.
Quale senso, se non il non-senso dell’idiozia umana, può
cancellare qualcosa che, prima che arte, è memoria collettiva?
Non vi è molto di cui andare fieri nella Trieste degli ultimi anni. Quello del reinserimento dei malati di mente è stato in assoluto il più grande fermento culturale e sociale che la città di Trieste abbia conosciuto negli ultimi 50 anni.
E quell’arte lo aveva testimoniato giorno per giorno, e ancora restava lì, tra il ricordo e il monito. Fino a ieri.
Non vi è molto di cui andare fieri nella Trieste degli ultimi anni. Quello del reinserimento dei malati di mente è stato in assoluto il più grande fermento culturale e sociale che la città di Trieste abbia conosciuto negli ultimi 50 anni.
E quell’arte lo aveva testimoniato giorno per giorno, e ancora restava lì, tra il ricordo e il monito. Fino a ieri.
Quella fu l’ultima volta in cui da Trieste partì qualcosa
che travolse l’Italia intera (e non solo l’Italia). Evidentemente, era qualcosa
di cui disfarsi. E ci si scusi se non se ne capisce il perché.
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credito immagine: autore: Ugo Guarino - sito credito: ecn.org
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