Una delle cose più difficili è recensire un gruppo musicale
di cui si conosce bene la musica e la storia. Non sono parole a caso, le mie;
il rischio concreto è quello di sovrapporre il gruppo per ciò che è, con l'idea
che ci si è costruiti di esso, nel corso degli anni.
Aldaraja è uno di quegli album che non lasciano
indifferenti. Il mio primo ostacolo, lo dico seriamente, è stato proprio
ascoltare qualcosa di profondamente diverso dagli Overunit Machine come li
ricordavo. Al primo ascolto ho fatto un sobbalzo dalla sedia, e mi sono chiesto
"Cos'è sta roba?". Le sonorità Tool sono praticamente sparite, c'è
bisogno urgente di un cambio di orecchio, oltre che di mentalità.
E il secondo ascolto è già diverso. Mi rendo conto che
l'album è profondamente orecchiabile, tanto che le canzoni erano già rimaste
dentro al primo ascolto. E tutto ciò nonostante alcuni passaggi decisamente
sofisticati, sotto il profilo tecnico.
Si sente prepotentemente l'esperienza di Logan Mader in fase
di post-produzione. Si percepisce nitidamente che gli Overunit Machine sono pronti per un
nuovo ciclo, nuove prospettive e nuove sonorità.
Se è vero che "(this) circle will never close",
citando l'eponimo Aldaraja, tutto appare quest'album, meno che un "peccato
di circolarità". Questo gruppo non riesce ad essere uguale a se stesso.
Per alcuni potrebbe essere un male, per altri un bene. Io credo che il
rinnovamento, superato l'impatto iniziale, sia sempre un buon modo per
incontrare nuovi orizzonti e sperimentare nuove formule.
Non mi va di paragonare gli album precedenti a questo, dire
che cosa sia o fosse meglio. Quello è lavoro da "critici blasonati".
Posso dire soltanto che le sonorità del prima erano molto in linea con le mie
corde, qui non è bastato un ascolto immediato.
Ma, come dicono gli Overunit in "Evolve and Rise",
"destroy yourself, evolve and rise again": penso che basti questo
verso per riassumere la storia di questo gruppo e di questo album, e qualsiasi
altra parola rischierebbe di risultare superflua.
Solo una mia ultima piccola annotazione: spettacolare
l'intro neogregoriana in "Fade Away", in latino per una volta e non
in inglese.
Chiusa la parentesi disco in senso stretto, che vi consiglio
di procurarvi perché merita, due parole sui singoli estrapolati dall'album ("Unholy Messiah" e "Second Chance"),
che costituiscono oggi due videoclip. In particolare, su "Unholy Messiah", che
vede la partecipazione straordinaria di uno degli artisti più controversi
dell'Italia contemporanea: Saturno Buttò, nelle vesti di un attore, per una
volta, e non intento a rappresentare la realtà.
Date un'occhiata a questi videoclip, assaggerete così i
nuovi Overunit Machine e, sono certo, vi preparerete ad apprezzarli nella loro
essenza...
Note:
Album prodotto da DysFunction Productions
Preproduzione e arrangiamenti di Giuseppe Bassi e Eddy Cavazza
Postproduzione di Logan Mader
Preproduzione e arrangiamenti di Giuseppe Bassi e Eddy Cavazza
Postproduzione di Logan Mader
tutti i diritti riservati
credito immagine: su autorizzazione diretta degli autori.
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