lunedì 3 ottobre 2016

CARMINOSCOPIO Parte Prima


Per quanto questo blog non sia nato con alcun intento autoreferenziale, mi permetto, trattandosi di collaborazione tra più persone, di diffondere due parole sull'ultimo progetto che ha visto la luce in casa razionirica. 

"Carminoscopio" è un progetto di poesia elettronica nato dalla collaborazione tra Lorenzo La Monica Dorigo (autore dei testi), Valter Poles (autore delle musiche, già docente presso il conservatorio di Udine e l'Università di Trieste) e Giulio Serafini (autore della parte visuale, con un consolidato curriculum da disegnatore ed animatore).
Questo primo "segmento", Dissolvenza in vita, è un lavoro dai tratti angoscianti, che trae il proprio spunto artistico dalla società contemporanea. Nelle intenzioni, si tratta di attingere ad una "società liquida, mutevole, in un perenne dissestarsi che coinvolge l'individuo, sia in relazione intimistica che proiettata verso l'esterno".

La mancanza di valori, o la loro rapida mutazione che non ha dato il tempo di cristallizzarne di nuovi, e forse neppure di individuarne con certezza, diviene il fondamento della percezione di vuoto e di carenza di equilibrio tra un passato e un futuro. 

Le immagini, accompagnate da una musica e da una voce narrante cariche di tormento, tendono ad amplificare il significato del testo. 

Il progetto prevede già la stesura di altri "segmenti", che pur senza alcuna soluzione di continuità, vanno a costituire un unicum

Non ci sono, ovviamente, intenti sperimentali. Questo tipo di linguaggio è già stato percorso, a vario titolo, negli ultimi 30 anni. Pur tuttavia, si tratta di una sperimentazione per quanto riguarda la nostra personale esperienza. Una "prima volta" con cui speriamo di riuscire a trasmettere qualcosa. 

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domenica 2 ottobre 2016

Come deve essere la poesia del secolo XXI?

Come deve essere la poesia del secolo XXI? Una domanda stupida come poche, ma ogni tanto si sente parlare anche di questo.

Già "come DEVE" è un concetto contrario a qualsiasi logica poetica, ammesso ne esista una. Ma ciò è ancor più vero in un'epoca che può attingere da un patrimonio stilistico passato che non conosce eguali nella storia della letteratura. Quelle che un tempo erano innovazioni e sperimentazioni, ora sono consolidate. Ecco che, dunque, è la coscienza, il gusto e la formazione di ciascun poeta a dover decidere come la poesia "debba" essere.

La deriva del "semplice", che taluni propugnano come naturale evoluzione del linguaggio poetico - sulla base di una non meglio precisata capacità di "raggiungere il più alto numero di persone possibili", è in realtà una sciocca illusione. Anzitutto perché la linea tra la "semplicità" e la "banalità" è assai labile, e se è vero che una poesia semplice può divenire, in certi contesti, un valore aggiunto, è anche vero che non esiste nulla di peggio di una poesia banale, sempre che di poesia si possa in questo caso parlare. Poi, per quanto detto prima: non esiste una strada maestra, specie in un'epoca in cui le strade maestre sono già state stracciate e reinventate più volte.

Se la strada maestra da calcare, nell'epoca odierna, deve essere - come auspicano alcuni - all'insegna di una fantomatica semplicità, meglio restare a ribattere quei sentieri che si stanno coprendo di erbacce, come il Simbolismo e quella sua arte poetica criptica che contiene un segreto da svelare e che nessuno detiene, ad esempio. Meglio le difficoltà tortuose per lo scrittore e per il lettore. Meglio tante altre cose. Meglio il reale impegno civile e sociale.


Se invece, come ritiene chi scrive, e come non sembra negabile, la poesia ha raggiunto una capillarizzazione stilistica, inutile chiudere i rubinetti. Godiamoci la fortuna di poter guardare alle mille sfaccettature della poesia passata e di poter essere ciò che preferiamo. Semplici o criptici, su un piano o su cento piani. Questo lusso, in altri tempi, non sarebbe stato possibile. 


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