Il bando del Premio Letterario Miosotìs, giunto alla nona edizione, è disponibile.
Trattasi di premio letterario per opera inedita, in versi o in prosa, in lingua italiana o in uno dei dialetti della nostra Penisola, dedicato alla memoria di Vittorio Russo e Giancarlo Mazzacurati.
Il premio è organizzato dalla casa editrice napoletana Edizioni D'If.
Il bando completo è disponibile cliccando qui.
credito immagine: Edizioni D'If
martedì 28 febbraio 2017
Premio Letterario Miosotìs 2017
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venerdì 24 febbraio 2017
ARUSPICE NELLE VISCERE di Henry Ariemma
"Aruspice nelle Viscere" di Henry Ariemma (edito da Giuliano Ladolfi Editore) è uno di quei libri
che si leggono volentieri, ma che, come tutti i libri di poesia, ti riempiono un
vuoto restituendotene immediatamente un altro.
Ciò che è introspezione dell'autore si solleva oltre, sfidando
le domande esistenziali più pure. Una tendenza al divino, forse, e in questo è
"aruspice", cacciatore di realtà, di profondità, di essenza, tesa
verso il futuro.
Trovo che la prefazione al libro, scritta da Giulio Greco,
non richieda particolari integrazioni.
Come chi mi segue assiduamente saprà, io non sono un
critico, e non mi addentrerò pertanto in ciò che altri già hanno fatto prima di
me, e forse meglio di quanto potrei mai fare io.
Ma c'è un percorso, questo sì, che vorrei indagare. Questa
silloge di Ariemma ha alcuni aspetti che, a mio avviso, guidano il lettore
entro un filo logico, non so se voluto o meno, ma che traspare con forza:
alberi, rami, fiori, radici, corteccia. Questi concetti si
reiterano in quasi tutti i componimenti, e non possono restare
nell'indifferenza di una mera casualità.
Che ruolo può avere "l'albero", con le sue varie
appendici, in un'opera di questo tipo? Rileggendo alcune volte, fatico davvero
a considerarlo un elemento del tutto casuale.
L'albero è ciò che più di ogni altra cosa unisce terra e
cielo, saldo alle radici, ma che svetta alla chioma. L'albero è certezza di un
tempo e di un luogo. Un elemento tendenzialmente rassicurante, nel suo ciclico
fiorire e spogliarsi. Romanticamente, il legame tra il terreno e il divino. Un
po' come gli aruspici, nella tradizione antica: un tramite.
Perché dico questo, e perché a mio avviso tutto ciò non può
essere casuale?
Perché è qui il fulcro di tutto, se contestualizziamo
l'opera all'oggi: che cosa ci manca? Cos'è che la nostra epoca non trova?
Non trova questa rassicurante certezza. Se le domande sono
rimaste le stesse, le risposte si perdono. E come un aruspice, è ruolo del
poeta restituire risposte che già il tempo ci ha consegnato, e che in un'epoca
di falsi miti fatichiamo a decifrare.
Ruolo del poeta, certo, ma anche ruolo di ognuno di noi.
Affinché questa fase sia solo una fase ciclica, e si possa, presto,
tornare umanamente a fiorire.
La speranza è un ricominciare,/nutre di lamento il sogno di una notte/per nuovo giorno fatto di polvere/al volere del cuore./E il cammino con lo specchio/luminoso, mira lontana per il cieco/cucire cielo a suolo della terra/è domani a pretendere col fare/magie il messaggio che dice sì. ("Come la fede" - Aruspice nelle Viscere)
La speranza è un ricominciare,/nutre di lamento il sogno di una notte/per nuovo giorno fatto di polvere/al volere del cuore./E il cammino con lo specchio/luminoso, mira lontana per il cieco/cucire cielo a suolo della terra/è domani a pretendere col fare/magie il messaggio che dice sì. ("Come la fede" - Aruspice nelle Viscere)
Chiudono l'opera alcuni haiku e alcuni aforismi.
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