Mi ritrovo tra le mani questo libretto (inteso come
"piccolo nel formato"), Ordine e Mutilazione, di Elena Zuccaccia
(Edizioni Pietre Vive) e subito alcuni aspetti mi colpiscono.
Anzitutto, il "pessimismo ironico" e la nostalgia
con uno sguardo al futuro. Stilisticamente parlando, un connubio di cinismo ed
ironia permea l'intera silloge, mentre i versi indagano atmosfere complesse,
come il rapporto tra "sentimento" e "non-sentimento", dove
per quest'ultimo intendo al contempo un sentimento che non c'è più, un
sentimento che non c'è mai stato e un sentimento sconosciuto. Talvolta, la
linea di demarcazione tra queste "essenze contermini" è assai labile.
L'aspetto introspettivo, che all'occhio di chi scrive è
sempre presente in poesia - anche nella cosiddetta "poesia civile",
per intenderci - è evidente, ma tale evidenza si innesta ad un circostante
tendenzialmente binario; in certe fasi, sembra persino un circostante "a
tre".
L'opera è squisitamente "concettuale"; va letta,
per questo, tutta d'un fiato, senza che ciò ne pregiudichi, tuttavia, la
scorrevolezza. Neppure i momenti di circolarità, i ritorni e i riferimenti
"al prima" appesantiscono la lettura. Sembra, piuttosto, che tali
momenti "fluttuino" come un ago che tesse una trama sapiente. La
"fluttuazione", peraltro, è una tematica presente al punto da offrire
il titolo di uno dei capitoli e della "poesia di epilogo".
Questo "fluttuare" viene enfatizzato ancor di più da un uso della punteggiatura non convenzionale: quelli che, normalmente, appaiono come "stacchi", più o meno incisivi, qui sono invece reali "sospensioni". Sospensioni nel "non esserci".
Questo "fluttuare" viene enfatizzato ancor di più da un uso della punteggiatura non convenzionale: quelli che, normalmente, appaiono come "stacchi", più o meno incisivi, qui sono invece reali "sospensioni". Sospensioni nel "non esserci".
Prima di chiudere questa brevissima e personale "impressione
di lettura", vorrei porre l'attenzione su quella che appare, ai miei
occhi, come una delle immagini più poetiche dell'intera silloge: il
parallelismo tra la parola "amore" (o, meglio, tra la pronuncia della
parola "amore") e le quattro dita delle zampe posteriori di un gatto.
Perché i gatti hanno questa peculiarità: l'avere nelle zampe posteriori un
dito in meno rispetto alle anteriori. E associare questa insolita immagine di
"mancanza" alla pronuncia di una parola o, come forse è meglio dire,
alla mutezza di una parola, ad una parola mancante, è davvero un aspetto di
grande forza poetica.
Arricchiscono l'opera delle illustrazioni di Pierpaolo
Miccolis.
tutti i diritti riservati - credito immagine: edizioni pietre vive
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