giovedì 10 marzo 2011

Collapse into Now: il quindicesimo album degli R.E.M. è in vendita...


Uscito l’8 marzo, festa della donna, ma anche martedì grasso. Questo bisognerebbe pensare di un disco blasonato, annunciato, anticipato, lasciato assaggiare ai fan: un piacevole scherzo di carnevale.
Inutile fare una critica troppo dura agli R.E.M., si sa che quanto hanno prodotto negli “anni d’oro”, corrispondenti grossomodo agli anni Ottanta e alle uscite – capolavoro stile Out of Time, Automatic for the People e New Adventures in Hi-Fi, non torneranno mai più. Non torneranno i suoni onirici e di stampo melodico-surreale di Fables of the Reconstruction, né le atmosfere rock di Monster.
Al massimo, possono tornare delle brutte copie, che appassionano soltanto qualche fan dell’ultima ora e qualche gruppo di “fan ciechi”, ovvero coloro a cui va bene tutto, basta che sia opera dei loro beniamini. Ed ecco, allora, Collapse into Now.
Forse, per coloro che non conoscono le sonorità “classiche” del gruppo, per la generazione post-Up che mai ha approfondito i lavori precedenti, salvo per Losing my Religion ed Everybody Hurts, in questo disco si possono trovare sonorità “innovative”.  Forse le troveranno coloro che quando vanno ai concerti restano a bocca aperta se il gruppo suona “Maps and Legends”, perché non hanno la più pallida idea di cosa sia, ma cantano felici i pezzi di Accelerate. Il pubblico migliore per questo disco è rispecchiato da questo tipo di fan.
In realtà, ed è palese, di innovativo c’è meno di nulla, e quanto si legge nelle melodie è un groviglio di passato, che però nulla ha a che fare con esso. Un tentativo mal riuscito di riassumere le sonorità del gruppo di questi anni, senza però il background d’ispirazione che, invece, era ben presente negli “originali”, e che faceva la differenza. Eccome, se la faceva.
Questo album non è affatto un capolavoro, è la mediocrità senza appello rispetto ai fasti del passato, e certo lascerà delusi i fan più accorti ed esigenti.
Con questo, non si vuole intendere che non sia orecchiabile, le melodie sono piacevoli, poiché gli R.E.M. lo sono. Utile per trascorrere quaranta minuti. Così si può riassumere: un album piacevole, ma niente di più.
La parola “capolavoro” non è apponibile a nessuna delle canzoni al suo interno. Anche chi l’ha apposta a Blue (la traccia 12, che chiude l’album), evidentemente non ricorda la superiorità di Country Feedback, che con sonorità assai simili riusciva a farti sognare.
Acquistatelo, ma senza troppe aspettative. Rimarreste delusi, altrimenti.

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credito immagine: R.E.M. - copertina "Collapse into Now" 

sabato 5 marzo 2011

Picasso, Mirò, Dalì. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità

Si aprirà il 12 marzo a Firenze la mostra "Picasso, Mirò, Dalì. Giovani e arrabbiati: la nascita della modernità".

L'esposizione, che raccoglierà un totale di circa sessanta opere dei tre grandi maestri, sarà una retrospettiva sui lavori giovanili. In particolare, raccoglierà opere del periodo pre-cubista di Picasso (opere precedenti al 1907, più una serie di studi e schizzi), e del periodo pre-surrealista di Mirò (1915-1920) e di Dalì (1920-1925).

L'analisi di questo periodo consente, come suggerito dallo stesso titolo della mostra, di comprendere la nascita della pittura moderna, intesa come pittura-chiave del Novecento. Gli anni giovanili dei tre sono una sorta di "transizione pittorica" verso la modernità, partendo da Picasso (del quale, chicca per gli appassionati, verrà esposto il noto Cahier 7 del 1907, mai uscito prima d'ora dalla Spagna per una esposizione - contentente lo studio per il capolavoro Les Demoiselles d'Avignon), arrivando poi a Mirò e Dalì, sempre analizzando, come detto, la transizione, e non il punto d'arrivo della loro poetica pittorica, assai più nota, quest'ultima, al grande pubblico.

Un'occasione per conoscere meglio non soltanto questi tre autori, ma anche per leggere in chiave completa l'ampia vicenda pittorica del Novecento, fruendo del decisivo incipit che ad essa ha condotto.

La mostra si svolge a Palazzo Strozzi, e resterà aperta fino al 17 luglio 2011, tutti i giorni, dalle 9.00 alle 20.00 (il giovedì fino alle 23.00).

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credito immagine: Les Demoiselles d'Avignon - Pablo Picasso - pubblico dominio

venerdì 4 marzo 2011

Interviste d'Arte: Kristel Vendrame - pittrice

Intervisteremo oggi la giovane pittrice pordenonese Kristel Vendrame.

1) Quando ha sentito il "bisogno" di dipingere?
La vera esigenza si è manifestata a seguito di situazioni interiori dolorose e molto complesse dovute ad un rapporto di disequilibrio con il mondo esterno ma soprattutto con quello interno,sfociato poi in disadattamento ed alienazione della realtà.
In generale la dimensione onirica si e' rivelata essenziale per il mio percorso artistico,la coscienza in fase rem è molto più ricettiva e si trova in condizioni di esaltatissima attività,conviene quindi rielaborare le percezioni, le immagini ed i suoni apparentemente non reali,in modo produttivo e creativo.
Quasi sempre questo star fuori di sé implica l'isolamento completo o temporaneo dal mondo esterno, una ricerca interiore importante ed articolata,dove si sviluppa una profonda consapevolezza del proprio io,una sorta di esplorazione dello spazio interiore tramite stati alterati di coscienza che si presentano sotto forma di visioni oniriche.


2)Molte delle tematiche che affronta appaiono intrise di un "surrealismo" oscuro, lugubre: da cosa scaturisce tale scelta? La reputa più legata ad un viaggio introspettivo, o ad una visione della realtà esteriore che la circonda? Cosa vorrebbe trasmettere con queste immagini?
Difficile dare una spiegazione,il mio lavoro a prima vista appare distante dalla logica razionale,mi interessano le angoscie dello spirito,tento di rappresentare artificialmente le dipendenze psicologiche ed emotive che rimangono celate nel profondo dell'inconscio umano ,le viscosita' spirituali di tutto ciò che tenta invano di essere formale.
L'interiorità umana, quella che tradizionalmente definiamo anima è ritenuta sede della razionalità e delle emozioni, ma la coscienza più potente e profonda subisce il peso di tutti i divieti morali , religiosi e sessuali,diventando anche il luogo di gestazione delle passioni e dei desideri più forti e morbosi.
Tutte queste norme morali hanno una funzione di censura degli impulsi e degli istinti vitali dell’uomo di cui inibiscono la libera espressione, rimosso il velo metafisico ed illusorio che altera la percezione della realtà,emerge allora la zona inconscia piu' istintiva e primordiale,tema principale dei miei dipinti.


3) Spesso i critici d'arte tendono a ricercare dei fili conduttori tra l'arte di un autore e quella di un altro, inquadrarlo in un movimento o in una corrente, assai sovente più per mostrare le proprie cognizioni che non per cercare la verità. Noi facciamo il contrario, e chiediamo a Lei, a quale autore si è ispirata, o quantomeno quale sente aver influenzato maggiormente la Sua formazione, se ne esiste uno? (la domanda può essere rivista nella chiave di un movimento, e può anche esulare dai soli pittori, può anche ragionare sulla musica o sulla letteratura).
Per quanto riguarda lo stile pittorico prediligo l'influenza del Barocco, l'iconografia teatrale, ricca di miracoli, di estasi, di supplizi e spedizioni angeliche,con le sue forme grandiose e monumentali tese a meravigliare e stupire ma allo stesso tempo appassionare ed emozionare l'animo umano.
Negli immensi e grandiosi affreschi sinonimo di sfarzo materiale si contrappone la devozione spirituale e la riflessione sull’inevitabilità della morte, vengono dipinti motivi lugubri ed emblemi macabri affiancati a scene sacre e talvolta profane, espressioni di una ricerca introspettiva profonda e volta al raggiungimento di ideali divini.
Nelle mie tele cerco di ricreare questi scenari, grotteschi, appariscenti e ricchi di simboli metafisici ed arcani celati dalla nostra coscienza razionale,i miei personaggi sono talvolta feriti,trafitti da frecce o aculei,figure cadaveriche e androgine seminude o avvolte in mantelli ,esseri mistici pervasi da visioni e rapiti da deliri ed ebbrezze.
Mi affascina l'estasi , intesa come rapimento dell'anima e dei sensi, chi l'ha provata almeno una volta se ne innamora, la pone in cima ad ogni altra intensa emozione della vita, diviene lo scopo primo ed ultimo dell'esistenza, dinanzi alla quale impallidisce ogni altro piacere, la realta' diventa allora concettuale e viene riportato pian piano alla luce tutto cio' che l’Essere inutilmente rifiuta.


4) Ha in programma delle mostre o ve ne sono in corso in questo momento?
Dal 9 al 30 aprile 2011 parteciperò all'esposizione collettiva “GLI ABITI DEL MALE “ovvero la definizione aristotelica dei sette peccati capitali al Museo MAGMA di Roccamonfina,inoltre prendero' parte al progetto 110 E LODE organizzato dalla galleria agli Stemmi(Brugnera PN)che partirà dal Friuli Venezia Giulia e toccherà diversi capoluoghi italiani.
Per quanto riguarda i progetti futuri ,mi piacerebbe avere la possibilità di poter esporre le mie opere in una mostra personale nel Pordenonese,per il momento rimane in cantiere.

5) Briglia sciolta
Vorrei concludere citando una celebre frase di un opera letteraria a me cara:
“L'unico modo per resistere alle tentazioni, è cedervi.” (Oscar wilde il ritratto di Dorian Gray), e ringraziarvi per avermi dato l'opportunità di parlare del mio percorso artistico.


APPROFONDIMENTI:
kristel-devianze.blogspot.com


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mercoledì 2 marzo 2011

Paco Ignacio Taibo II: Ritornano le Tigri della Malesia - Omaggio ad Emilio Salgari nel centenario della morte

Cento anni fa moriva suicida Emilio Salgari, uno dei massimi protagonisti del romanzo d’avventura italiano e mondiale.
Proprio in occasione di tale anniversario, è uscito il libro “Ritornano le Tigri della Malesia”, di Paco Ignacio Taibo II, scrittore e giornalista messicano, alto esponente della letteratura del suo Paese.
Il libro è stato presentato in lungo e in largo per l’Italia dallo stesso autore.
Già l’introduzione dell’autore è estremamente accattivante (Quello che non è): cerca infatti di dare un senso a quest’opera ispirata alle avventure di Sandokan (come lascia trasparire il titolo) non escludendo una chiave ironica.
Non un vero e proprio seguito, né una rivisitazione del personaggio, semplicemente un nuovo modo di concepirlo alla luce della visione dell’autore. Come dice lui stesso introducendo la sua opera, due libertà che si è preso sono “esplicitare la tensione politica e la pulsione anticolonialista delle avventure delle Tigri […] e andare oltre il progetto originale, decisamente intrappolato nelle convenzioni della letteratura ottocentesca a cui Salgari non poteva sfuggire”.
Alla fine, leggendo il libro, non si avrà il fastidioso “effetto sequel”, sempre in agguato quando ci si pone dinanzi ad un’opera che affonda le sue radici in un’altra. Piuttosto, un nuovo capitolo, con qualche libertà che non sembra stonare.
Non per nulla, l’autore è un profondo conoscitore dell’opera di Salgari, e questo indubbiamente gli consente di avere una visione completa, armonica, omogenea rispetto al “maestro”, senza doversi esimere da punte in chiave personalissima e moderna, che il lettore avrà modo di apprezzare.

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credito immagine: copertina libro "Ritornano le Tigri della Malesia" di Paco Ignacio Taibo II