Si è spento alcuni giorni fa, all'età di 93 anni, Yves
Bonnefoy, il più grande poeta francese contemporaneo.
Appena appresa la notizia dalle agenzie avrei voluto
affrettare un articolo per trovarmi anch'io "sul pezzo". Ma non
faccio giornalismo e non faccio neanche critica, per cui lo "stare sul
pezzo" era l'ultimo dei miei problemi. Credo peraltro, e non è una frase
fatta, che un grande artista come lui si sia già costruito meritatamente
l'immortalità.
Filosofo di formazione, poeta nella vita, appassionato
conoscitore dell'arte. Anche meta-poeta, per molti aspetti non trascurabili.
Una breve, giovanile parentesi surrealista, per poi virare verso
l'esistenzialismo, per chi cerca un'etichetta nelle arti. E anche traduttore,
di Keats, di Shakespeare, anzitutto, ma si cimentò anche con Petrarca, seppur
in modo non sistematico.
Più volte candidato al Nobel per la letteratura, è stato
anche un attento critico d'arte, letteralmente fulminato dall'arte
rinascimentale italiana sin dalla giovane età.
Non è questa la sede per parlare della sua opera immensa, né
chi scrive ne ha le competenze. L'unica cosa che preme sottolineare, ricorrente
nella sua vita come nella sua opera, è questo continuo riferimento alla morte
che pare contrastare con la potenza vitale dell'arte. Se dovessi definire
Bonnefoy per quel che ne ho letto, direi semplicemente questo: un uomo che
appare sospeso tra la lirica della morte e l'eternità della bellezza.
E poi, un poeta francese con una non trascurabile italianità
nelle vene. Un amore sincero per tutti quei luoghi da lui conosciuti, da
Firenze a Roma, da Venezia a Genova, passando per Urbino e per Ravenna. E,
soprattutto, per la grande arte espressa nella loro maestosità, ma anche nel
loro valore simbolico.
E anche quei riferimenti a Dante, a Leopardi, a Petrarca, a
Leon Battista Alberti, al Palladio, a Piero della Francesca, solo per citarne
alcuni. L'Italia assume un posto di rilievo nella vita e nell'opera di questo
grande poeta. E l'Italia ha
contraccambiato questo amore, visto che Yves Bonnefoy era il più conosciuto tra
i poeti francesi contemporanei. Qui in Friuli Venezia Giulia venne riconosciuto
recentemente anche con l'assegnazione del Premio Nonino.
"Se voulait-il un torche/qu'il eût jetée dans la
mer?/Il alla loin dans les flaques/d'entre là-bas et le ciel,/puis il se
retourna vers nous,/mais le vent l'avait désécrit/bien que sa main fût crispée/
sur le mondes de la fumée (...)". Così si apre la sua lirica "Un
poète". Non la riporto integralmente, ma è una delle mie preferite. E mi
capitò di interrogarmi, forse in modo insensato, senza pretendere una risposta esaustiva,
sui legami tra questa lirica e "Facesti come quei che va di
notte...", titolo originale in italiano (tanto per sottolineare
ulteriormente quel po' di italianità d'adozione - espressa in una citazione del Sommo Dante), in cui un'altra torcia appare
al primo verso.
L'unica cosa certa è che le torce dei grandi poeti non si spengono, neanche
quando questa vita volge al termine.
(c) tutti i diritti riservati credito immagine: Joumana Addad, 2004 (CC)
Oggi abbiamo il piacere di fare due chiacchiere con Elena
Ruscitto, in arte Lene, cantante e musicista milanese, reduce dall'uscita del suo nuovo album, Ring.
Diplomatasi in
pianoforte jazz presso l'Accademia Internazionale della Musica di Milano, ha
conosciuto una carriera estremamente interessante ed anche piuttosto eclettica,
esibendosi nei principali locali milanesi (e non solo), dando sfoggio di un
lungo repertorio jazz, blues, soul, r 'n' b.
A queste esibizioni musicali "classiche" ha fatto
eco, in modo parallelo, la passione per il pop, che più di ogni altro
genere ha stimolato la sua vena compositiva. Ecco perché parliamo di artista
eclettica.
Nel 2008 registra un album dal titolo "Something
New", assieme al suo gruppo di allora, il trio Helen R 'n' B, che
partecipa nello stesso anno al concorso Hollywood Music Lab, vincendolo.
Nel 2009 partecipa alla seconda edizione di X-Factor, in
gruppo con le Sisters of Soul, trio che nasce casualmente proprio per
quell'occasione.
Dopo l'esperienza talent, che come spesso accade fatica a
promuovere il talento, collabora con il clarinettista Paolo Tomelleri (con cui
si esibirà suonando swing in diversi locali e teatri, tra cui il Teatro del
Verme).
Fonda, in seguito, la Lene Soul Band, che si esibirà in
importanti manifestazioni quali il Porretta Soul Festival.
E con questo arriviamo ai giorni nostri e al suo nuovo album,
"Ring", frutto della collaborazione con Theo Querel e Raffaella Riva
(quest'ultima è stata autrice, tra gli altri, di diversi pezzi di Gianna
Nannini). Il disco ha delle sonorità difficilmente collocabili (pur restando
nel panorama del pop): c'è chi lo definisce adult pop, chi ne ha invece
sottolineato le affinità con il pop cinematico di Lana Del Rey o l'elettropop
di Greg Kurstin e Sia.
I testi sono in italiano e toccano tematiche profonde,
indagando l'interiorità attraverso lo specchio di una simbologia estremamente
personale, che ricorre lungo tutto il disco.
Quanto senti la tua carriera recente influenzata
dall'esperienza X-Factor, alla luce di questo tuo primo album? Quali erano le
tue aspettative e quali, eventualmente, sono state disattese? Guardando la tua
storia, sembra che altri meccanismi, la musica live, la voglia di sperimentare,
abbiano giocato un ruolo più determinante rispetto al talent. In cosa senti
questo album figlio della tua esperienza televisiva e in cosa invece lo senti
il frutto di tutto ciò che rappresenta la tua carriera "da musicista
live"?
XFactor è stata solo un’esperienza che mi ha fatto crescere
e fortificato in quanto essere umano. Dico questo perché più che un’esperienza
a livello musicale (di musica ce n’è poca li dentro!) è stata un modo per
conoscermi meglio come persona. A livello umano infatti mi è servita
tantissimo. Diciamo che sono uscita diversa rispetto a come ero prima.
Di aspettative ne avevo: il successo sicuramente, l’inizio
di una lunga carriera musicale. Più che altro mi aspettavo che proprio XFactor
mi avrebbe aperto la strada per costruire questa lunga carriera. Ero molto
giovane...
In realtà non è stato così. Per diversi motivi:
anzitutto, chi fa un talent oggi deve avere una forte
consapevolezza di sé stesso ed una sicurezza d’acciaio. Io non le avevo, o
meglio, non erano ancora formate in me;
inoltre, per sfruttare a proprio vantaggio questi talent,
bisogna avere un progetto in atto. Noi [Sisters of Soul, n.d.r.] non lo
avevamo. Ci eravamo appena conosciute ed eravamo state “sbattute” di colpo in
quel mondo nuovo.
Però ecco, tutte le illusioni adolescenziali che avevo sul
mondo della musica (soprattutto italiana), XFactor me le ha completamente
distrutte! Per questo mi è servito sicuramente!
Questo album non lo sento figlio di una carriera televisiva,
ma di tutto il percorso che ho fatto da quando ho iniziato a suonare fino ad
ora. Nel percorso certamente c’è anche l’esperienza XFactor, ma è una briciola
in mezzo a tutte le altre esperienze che ho fatto, soprattutto live, e a tutti
i musicisti con cui ho avuto la fortuna di suonare e collaborare!
Come è nato quest'album? Ascoltandolo, la sonorità pop è
molto presente. Questa contrasta inevitabilmente con le atmosfere più
"classiche" del jazz, soul e r&b a cui siamo abituati. Si tratta
di una scelta casuale, hai deciso di "voltare pagina" o ci sono altre
motivazioni alla base di tutto ciò?
L’album è nato dall'incontro che ho avuto l’anno scorso con
due autori, Theo Querel e Raffaella Riva. Con loro è nato un feeling
compositivo pazzesco da subito, un feeling talmente forte che stiamo già
scrivendo il secondo disco!
Volevamo fare un disco di musica italiana certamente, ma con
sonorità più simili al pop internazionale. E così è stato.
Il termine “ring”, titolo all'album, ha diversi significati:
dal ring come luogo in cui si lotta (puoi capirne il motivo), al ring come
anello, come qualcosa di circolare ma sempre in divenire.
Questo disco racchiude un percorso, una crescita. È il mio
primo album, quindi ci ho messo dentro sia brani scritti anni fa, durante la
mia adolescenza, sia brani molto più recenti scritti assieme a questi due
autori eccezionali.
Per quanto riguarda le sonorità, a me non piace molto
etichettare la musica / parlare di generi. Ho fatto un disco scrivendo ciò che
più mi piaceva, con arrangiamenti moderni (questo perché non credo abbia molto
senso andare indietro!) e di mio gusto.
Non è che ho deciso di voltare pagina. Per me la musica è un
tutt’uno, è una forma d’espressione libera, per quanto mi riguarda. Continuerò
a cantare Billie Holiday ed Amy Winehouse come ho sempre fatto e canterò anche
le canzoni che scrivo...
Quali consideri le tue "ispirazioni musicali"?
La tua tendenziale ecletticità lascerebbe intendere un panorama piuttosto
vasto, e non ti chiedo pertanto di farmi un lungo elenco. Ma quali cantanti e
musicisti senti che ti hanno davvero cambiato la vita?
Ok. I Beatles prima di tutto. Geni assoluti. Se non ci
fossero stati loro oggi probabilmente non esisterebbe quello che chiamano pop.
Amy Winehouse. Più che altro per la sua maniera di
esprimersi e di interpretare, e di raccontare la sua vita travagliata.
Lana Del Rey. La sua musica è tremendamente in linea con ciò
che si respira oggi nell'aria. Ciò che mi colpisce di lei, oltre al suo timbro,
è la produzione dei suoi dischi. Moderna, efficace, straziante e piena.
Sia. Per la sua capacità di scrittura.
Poi ci sarebbe tutta la musica inglese, dai Genesis, ai Tears
for Fears, ai Blur, Oasis, Coldplay (questa per me è la musica che ha
accompagnato, in un modo o nell’altro, tutta la mia vita, dall’infanzia fino ad
adesso).
In generale non mi sono mai soffermata su un “genere”, ma a
ciò che più arriva alla mia sensibilità...
Lene è uno dei
tanti esempi che dimostrano che nella musica, come nell'arte in generale, non
esistono scorciatoie, e quei grandi baracconi costruiti che definiamo "talent
show" non solo difficilmente promuovono i talenti artistici, ma tendono
più a sfruttarli che non a restituire quanto gli artisti (o presunti tali) cercano di mettere in campo. Si tratta di una questione di format, di ritmi
televisivi, che non sono mai compatibili con la ricerca di se stessi e della
propria espressione artistica.
Lo studio, la
passione, i concerti live, queste cose, invece, seppur richiedano tempi più
lunghi, permettono di esprimersi secondo le proprie corde.
E "Ring" è tutto questo, l'espressione di un'artista che ha costruito
(e che ha trovato) se stessa. E che sicuramente continuerà su questa strada.
"Ring"
Band composta da: Lene (Elena Ruscitto) - Voce
e "i Porners" Jacopo Mazza - Tastiere e Cori Dario Jacuzzi - Basso Paco Martucci - Chitarra Riccardo Breda - Batteria