mercoledì 1 giugno 2016

Dialogo con ENRICO GALIANO - Il Prof.

Quando la mente viaggia ed inciampa nei ricordi di scuola, quando si ripensa a quelle mattine infinite che si era ancora troppo giovani per scandire a colpi di caffè, all'appello manca quasi sempre una cosa: la passione per ciò che si studia.
Ma può capitare che, in quello che agli occhi dei più può apparire come uno sperduto angolo di mondo, un insegnante "diverso" e che ha fatto del suo entusiasmo una forza net-virale, si insinui tra le righe di un Infinito di Leopardi recitato come si reciterebbe un requiem in una funzione religiosa, trasformando questa noia mortale in qualcosa di diverso, di entusiasmante, di interessante e, a volte, persino divertente...
Perché la letteratura italiana, nella sua inestimabile ricchezza, è vita dell'uomo, non noia, litania, bestemmia, costrizione. 

Chi è costui? Chi è questo personaggio che non si è limitato a guardare alle cose da una prospettiva diversa, ma che ha creato una nuova prospettiva utilizzando i mezzi che la modernità offre?
Enrico Galiano. Semplicemente. Un professore di scuole medie (pardon, scuola secondaria di primo grado...) che esercita la sua missione (non è semplicemente un lavoro) in un piccolo centro della provincia di Pordenone: Pravisdomini.

Un centro che si fa fatica a trovare anche sulle cartine geografiche, ma che ha una peculiarità: è il luogo con la più alta percentuale di studenti stranieri del pordenonese. Quella che si potrebbe definire "terra di confine", a tutti gli effetti. Un luogo che sembra fatto apposta per il nostro Enrico Galiano, in arte semplicemente "Il Prof."

1) Domanda scontata quanto quasi sempre temuta: presentati in tre parole. 
Sono indeciso fra “Un sognatore seriale” e “Che si mangia?”. Scegli tu. 

2) Ti sei trovato a fare il professore in quello che è il comune con la più alta percentuale di stranieri in provincia di Pordenone. Quanto pensi che questo fattore abbia rivestito un ruolo determinante nelle tue scelte didattiche, nei mezzi che adotti e che hanno ormai ampiamente varcato i confini di questo territorio? 
Moltissimo. Qui la situazione è a tratti disperante, è molto difficile far convivere realtà così eterogenee, figuriamoci far studiare i verbi o imparare la storia. In una scuola come la mia senza fantasia e spirito d'improvvisazione non ne esci. Difatti ci sono stati spesso colleghi che dopo un anno da qui sono scappati. 

3) Come percepisci il ruolo dell'insegnante nella società e, soprattutto, in quella del futuro? Sinceramente penso sia un falso mito quello per cui gli insegnanti abbiano perso d'importanza o di considerazione. È più che altro vero che questa importanza e considerazione dobbiamo costruircela noi, meritarcela noi, col lavoro di tutti i giorni, con la trasparenza, e anche con una bella dose di pazienza. Qui dove insegno io, sia io che i miei colleghi siamo molto stimati dalle famiglie. CI vogliono bene, molti ci considerano davvero parte se non della famiglia certo del mondo dei loro figli. Forse in città più grandi è più difficile, ma insomma: non è impossibile, ecco. 

4) Oltre ad interpretare te stesso e i tuoi studenti nei video che ormai tendono ad essere virali, suoni la chitarra accompagnato dalla tua dolce meta, scrivi... Scrivi... Ecco, qualcosa bolle in pentola, ci sono delle novità in vista? Non ti chiedo di rivelarci tutto, ma almeno facci qualche piccola concessione in anteprima... 
Scrivo da quando ero in seconda elementare e non credo smetterò mai. Ora, dopo abbi di tentativi e con una manciata di romanzi nel cassetto, sto preparando l'uscita di una romanzo per la casa editrice Garzanti. È una storia d'amore ma anche un thriller, con protagonisti due ragazzi di diciassette anni. Lo sto sistemando proprio in questi giorni e dovrebbe uscire all'inizio dell'anno prossimo. 

5) Sei ormai un fenomeno mediatico, e questo mi sembra innegabile. Ma tutta questa visibilità si è portata dietro anche qualche strascico negativo? Non lo so, critiche sterili, polemiche e quant'altro? Se vuoi parlacene. 
Quando decidi di metterti in gioco, quale che sia il gioco, è naturale, quasi spontaneo che arrivino le critiche. Lavorando (per così dire) nel web ho scoperto che in realtà, avere degli haters, persone che ti criticano per qualsiasi cosa, che ti attaccano, a volte anche con insulti pesanti (sì, è successo diverse volte), è in realtà un bel fregio, significa che sei sulla strada giusta. Poi ci sono anche le critiche non sterili, e io quelle le apprezzo tantissimo. Ho infatti notato che il mio lavoro di insegnante, da quando metto in piazza le cose che faccio, è migliorato molto. Sentendomi più controllato, più sotto gli occhi di molte persone, sono spinto a dare il meglio di me, a non sgarrare mai o a cercare di farlo il meno possibile. 

6) La delicatezza del tuo ruolo di insegnante, e in particolare di ragazzi di 11-13 anni, e il tuo successo acquisito anche grazie alla forza della rete, ti avrà certamente obbligato a confrontarti con un problema decisamente complesso, cioè il rapporto tra giovanissimi e nuove tecnologie, con tutti i rischi che questo comporta. In base alla tua esperienza, cosa ti sentiresti di consigliare a genitori ed insegnanti affinché riescano a trasmettere ai ragazzi il peso di un rischio ma anche la forza di una opportunità? 
I ragazzi che oggi hanno 12 anni vivranno in un mondo in cui la rete e il mondo social saranno ancora più presenti nelle loro vite rispetto a quanto non siano oggi: un bene, un male, non lo so. Probabilmente entrambe le cose. Quello che è davvero importante è avere gli occhi aperti, fare lo sforzo di aggiornarsi, documentarsi, perché è proprio dell'età adolescenziale il nascondersi, e attraverso i social possono succedere cose davvero spaventose senza che i genitori se ne accorgano. È importante riuscire ad avere le antenne alte, essere pronti a cogliere i segnali di pericolo.

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