Uno degli aspetti più interessanti della poesia è la sua
indiscussa capacità di commistione con altre arti. Il linguaggio poetico, la
sua manifestazione più profonda e viva, non basta a se stesso, non vive della
sola freddezza della parola su carta o su altro supporto. Vive di connubio.
Recitazione, come minimo, e dunque “teatro” in un senso assai lato. Canto,
talvolta, come fu nell’antichità.
Musica, immagine, parola. Nel Novecento, il cinema, e nel
tardo secolo l’informatica, hanno permesso di scoprire nuovi mondi, di
cavalcare praterie inesplorate, talvolta sperimentazioni, talvolta
modernizzazioni dell’esistente. Così è stato, su tutti, Gianni Toti, inventore
della poetronica, movimento espressivo che negli anni Ottanta ha fatto sposare la poesia con
le nuovissime tecnologie che andavano affacciandosi. Un italiano misconosciuto,
purtroppo, che pur tuttavia è stato un reale pioniere a livello mondiale.
La duttilità della poesia è un percorso che, se ha ormai sostanzialmente esaurito forma e contenuto, non è comunque cessato nella rivisitazione del mezzo. Il mezzo è ancora
un terreno da battere, come lo sono le sfumature delle altre arti, che unite
alla poesia possono donare qualcosa da cui attingere: un pozzo originario, come
lo era la poesia antica, che però gioca della novità dei mezzi. Del futuro.
Gianni Toti, tratto da SqueeZangeZaùm
Fontana - Lucini - Capocitti, Tiro al Bersaglio (tratto da "Revolverate")
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