sabato 26 marzo 2016

Giorgio Caproni - L'inquietudine in versi. Il nuovo libro di Alessandro Baldacci

Uscirà il 31 marzo il nuovo libro di Alessandro Baldacci, un percorso che rievoca la vita di uno dei più grandi poeti del Novecento, secondo molti vero e proprio punto di incontro tra la prima e la seconda metà del XX secolo: Giorgio Caproni
In questo lavoro, l'autore spazierà dagli esordi di Caproni, sotto il segno della sintesi inquieta fra tradizione e modernità, fino alla maniera "estrema" della sua stagione tarda. Al centro della riflessione di quest'opera, il ruolo decisivo che la Resistenza ha avuto nella vita del poeta, trasmessa poi, inevitabilmente, nei suoi versi.
Per Caproni la frattura tra poeta e società è un "divorzio malefico" contro cui reagire, e la lingua di cui tesse i versi è "concreta e terrestre".

La figura di Caproni è centrale nel panorama letterario odierno, la sua "missione poetica" deve necessariamente trovare concreta attuazione nella lettura. E Baldacci, docente di Italianistica presso l'Università di Varsavia, fa proprio questo: ci guida nella lettura di uno dei più geniali poeti italiani del Novecento, che, nonostante l'arte poetica tendesse già a venir marginalizzata nel contesto culturale a lui coevo, egli continuava ad investire in essa come strumento di verità ed etica.  

Il testo di Alessandro Baldacci è edito da Franco Cesati Editore.


Lo stesso autore ha già pubblicato Amelia Rosselli (Laterza 2007), Andrea Zanzotto. La passione della poesia (Liguori, 2010), Controparole. Appunti per un’etica della letteratura (Atelier, 2010) Le vertigini dell’io. Ipotesi su Beckett, Bachmann e Manganelli (Ipermedium, 2011), La necessità del tragico(Transeuropa, 2014). È stato fra i curatori dell’antologia Parola plurale. Sessantaquattro poeti fra due secoli (Sossella, 2005).


credito immagine: Franco Cesati Editore

venerdì 25 marzo 2016

I novantasette anni di Lawrence Ferlinghetti, poeta della beat generation

Novantasette anni fa (24 marzo 1919) nasceva a New York "un certo" Lawrence Ferlinghetti. Uno dei maggiori poeti americani del secondo Novecento, consacrato all'arte poetica attraverso la sua opera più conosciuta, "A Coney  Island of the Mind", pubblicata per la prima volta nel 1958.

La sua poesia è "spiccia", creativa, anarchica, ironica. Non mancano i neologismi, i giochi di parole. Può considerarsi uno dei maggiori esponenti della beat generation. Il suo approccio è assolutamente non accademico, pur essendo la sua formazione letteraria plasmata proprio in ambiente accademico (tanto per rendere l'idea, ha conseguito un dottorato in Poesia alla Sorbona di Parigi, dopo essersi laureato in giornalismo nell'Università della Carolina del Nord).

Divenuto un punto di riferimento della comunità controculturale di San Francisco negli anni Cinquanta, il suo contributo alla poesia non si limita alla sola scrittura, ma si concreta anche nell'edizione. Ferlinghetti è, infatti, anche un editore: la sua casa editrice, "City Lights", proporrà un'intera collana dedicata alla poesia.

Ma non basta: la storia di Ferlinghetti non si lega indissolubilmente alla sola poesia, "scritta o scoperta": è un vero e proprio intellettuale a tutto tondo. Si affaccia alla narrativa, che trova la sua prima pagina nel romanzo "Her", uscito nel 1960; si dà in prestito alla sceneggiatura di teatro sperimentale, sempre nel corso degli anni Sessanta. Contribuisce alla traduzione di Pasolini dall'italiano all'inglese.  E, oltre a tutto ciò, si reinventa pittore.

Ecologista, pacifista, anarchico. Poliedrico. Immancabile per chi voglia conoscere un intellettuale americano che abbraccia anche l'Europa, soprattutto la Francia e l'Italia.
Meno conosciuto rispetto a Bukowski dal grande pubblico italiano, ma assolutamente senza una reale ragione. Se vi dicessi che Ferlinghetti ha pubblicato Bukowski? Se vi dicessi che parte del suo stile può ricordarlo?
Ma definire Ferlinghetti un Bukowski un pelo più raffinato sarebbe estremamente riduttivo. Il paragone serve solo a consigliarvi di schiodarvi dalla sedia e andare in libreria. O se proprio non avete voglia di uscire, entrate in una libreria online e date un'occhiata a che cosa offre digitando "Lawrence Ferlinghetti". Se davvero non sapete da dove iniziare, partite dalla già citata opera "A Coney Island of the Mind" (edita in italiano dalla casa editrice Minimum Fax).
Avrete così un quadro completo della prima produzione dell'autore.


Mentre il mondo intero augura buon compleanno a questo artista, io vi propongo, prima di andarvi a procurare e leggere qualche sua opera, di spendere qualche minuto per ascoltarlo parlare della sua città, San Francisco. 



tutti i diritti riservati - credito immagine: voxtheory from Las Vegas (Wikipedia)

domenica 20 marzo 2016

Gianni Maroccolo e Vdb23 - La data di Vittorio Veneto

Ci addentriamo nell'intima cornice dello Spazio MAVV di Vittorio Veneto, un ambiente ricavato da una vecchia filanda. Il passato che incontra il presente, un po' come quanto stavamo per ascoltare. Nulla è andato perso.

Il concerto non inizia sotto i migliori auspici, problemi tecnici alle tastiere del marchese Aiazzi costringono Maroccolo a fermare tutto, dopo i primi dieci minuti scarsi di "Rinascere", e a ricominciare da capo. Problema risolto e il concerto può finalmente avere inizio. Senza più interruzioni, per due ore filate.

"Rinascere", appunto, funge da overture. Un turbine di emozioni si scaglia sul pubblico. L'ottima prestazione vocale di Chimenti fa il resto. Nel corso della serata c'è spazio per grandi atmosfere musicali, grandi classici del passato, omaggi e un viaggio difficile da dimenticare. C'è "Aria di Rivoluzione" di Franco Battiato. Ci sono "Peste" e "Versante Est" dei Litfiba, per non dimenticare un pezzo dal coinvolgimento quasi devastante (in accezione positiva, naturalmente): "La Battaglia", direttamente dall'Eneide di Krypton. C'è "Annarella", uno dei pezzi più belli e conosciuti dei CCCP.
C'è "Les Dernierès Sept Minutes de mon Pere", un pezzo commovente, in cui Gianni ricorda suo padre in un giorno speciale come il 19 marzo. E c'è spazio per la voce del compianto Claudio Rocchi, una vera colonna portante di questo tour, che Maroccolo non si stanca di ringraziare per il grande lavoro che hanno fatto insieme.
C'è anche posto per un omaggio a Keith Emerson, da poco scomparso, e a cui viene dedicata l'esecuzione di "Lucky Man", in una versione struggente e corale con tanto di assolo al moog, ricostruito da Aiazzi con quella fedeltà e rispetto per la versione originale che solo i grandi musicisti sono in grado di eseguire.
E c'è "Maria Walewska", un piccolo capolavoro misconosciuto dei Litfiba che chiude questo viaggio. Quelli che ho elencato qui, peraltro, sono solo alcuni dei pezzi andati in scena. Non ho interesse a riportare fedelmente la scaletta, né a riproporne l'ordine preciso. Anche perché non si ripropone mai identica, nel corso del tour. L'unica cosa che mi preme davvero segnalare è la forza emozionale che si è sprigionata dalle note di una serata che non ho timore di definire perfetta. Perfetta persino nell'apparente imperfezione dei disguidi tecnici di avvio concerto. Abbiamo avuto un "quasi bis" fuori programma. Non credo ci si possa lamentare.

Una perfezione che è corale, ma il primo merito va a chi ha voluto portare in scena questo viaggio e questo incontro: Gianni Maroccolo, un bassista sopraffino che sa sfoderare un groove a tratti potente e devastante, ma sa anche lasciare muto il suo basso quando la voce deve dire cose troppo importanti per essere sopraffatta da altri suoni. Il suo basso, "Attilio", come lo ha chiamato lui, fedele compagno di viaggio dal 1983, pare quasi pulsare di vita propria: sa diventare strumento lirico ed espressivo e canta anche lui, sul palco, impreziosito da vibrati e da delay che tolgono il fiato.
In alcuni passaggi è proprio il basso, da solo, a contrappuntare la voce con un riff che non si può non definire delicato, elegante ed espressivo. E le dita che gli danno vita sono quelle di Maroccolo. Una garanzia.

Ma non c'è soltanto lui, dicevamo. C'è Andrea Chimenti, che sfodera un'ottima prestazione vocale e accompagna alcuni pezzi alla chitarra. C'è Antonio Aiazzi, di cui già si segnalava la sublime esecuzione in "Lucky Man", ma che ha dato molto in tutto il concerto, sia alle tastiere che alla fisarmonica (e proprio la fisarmonica è lo strumento clou in Maria Walewska). C'è tanta elettronica, con un sintetizzatore modular, molti effetti e molto delay (nell'apprezzare gli aspetti tecnici di tutto questo ringrazio in particolare l'amico Valter Poles, che era tra il pubblico e che mi ha fornito delle interpretazioni di quanto stava avvenendo sul palco che sfuggivano alle mie competenze). Ma accanto all'elettronica, anche l'opposto, quando il suono magico ed orientaleggiante di un sitar (tra le mani di Beppe Brotto) risveglia nuovi sensi, fino a diventare "altro", mentre l'uso dell'archetto gli conferisce sonorità quasi da theremin, fino a trasformarsi nel verso dei gabbiani di quel mare che Gianni tanto ama e a cui tanto deve nella sua ispirazione e formazione.  Non manca neppure la batteria di Simone Filippi, che, specie ne "La Battaglia", fa tremare cuori e pareti.


Non credo ci sia altro da aggiungere, se non ribadire che è stato tutto semplicemente meraviglioso. Consiglio a tutti di prendere posto ai prossimi concerti o, meglio, ai "prossimi viaggi", perché c'è tanta di quella carne al fuoco che non saprei neanche come raccontarvela, a parole. Ci ho provato, ecco tutto. 

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lunedì 14 marzo 2016

Massimo Parolini e "La Via Cava"

Massimo Parolini è un professore di lettere, laureato in filosofia all'Università Ca' Foscari di Venezia. Nato a Castelfranco Veneto (Treviso) nel 1967, dopo essere stato addetto stampa presso il Centro Universitario Teatrale di Venezia, ha collaborato come giornalista con diversi quotidiani trentini.
"La Via Cava", edita da LietoColle, casa editrice lombarda che si è ritagliata un posto di rilievo nella pubblicazione di testi poetici, è la seconda silloge dell'autore, "un breve tratto dell'anima che scorre verso la propria oasi".

È l'autore stesso, nella sua nota, a fornirci una chiave di lettura che permetta di comprendere il titolo dell'opera e ne funga da linea guida: "Cavo è il grembo che ci ha custodito dal concepimento alla nascita. Cava la culla che l'ha sostituito nei primi mesi di vita. Cava è la mano che stringo in segno di relazione, cava la mano che accarezza, che accoglie l'acqua che disseta e ci sostiene, cavo il pozzo da cui attingere l'acqua, il secchio che la raccoglie, il mestolo la coppa il bicchiere [...]. Cavo è il riparo che ospita l'uomo [...]. Cavo è l'organismo che ospita i nostri organi vitali [...]. Cava la terra che accoglie il seme e contiene le radici della pianta [...], cavo l'etcetera che contiene un elenco di nomi di forme cave possibili..."
Cavità, dunque, esprime un senso al contempo di assoluto e primordiale, e così dovrebbe essere, infatti, la poesia in genere: assoluta e primordiale.

Il viaggio attraverso i versi di Parolini offre numerosi spunti di riflessione, mentre il significato si arricchisce di forma, scandita da calligrammi che a più riprese recuperano il senso di quella via cava che si respira a partire dal titolo.
La concatenazione dei versi, che non appare mai casuale, rende difficile la citazione, che rischierebbe di vedersi svuotata nell'incompletezza. Ma azzardiamo un unico verso che, ad avviso di chi scrive, è significativo: "padre, nel sonno/riavvolge il nastro/molle alla memoria/-nude maschere d'ombra-/l'ingrato riflesso dei fatti/l'ora che ritorna/a dis_farsi/presente".
Si sarebbero potuti scegliere molti altri versi, ma la forza evocata da questa immagine appare stilisticamente emblematica del percorso seguito in quest'opera.
Percorso, peraltro, in cui si innestano omaggi a fondamentali personaggi dell'arte e della cultura, da Giotto a Van Gogh passando per Caravaggio, fino ad uno dei più grandi poeti del secolo scorso, Mario Luzi.

Inutile cimentarsi in una sinossi, ammesso abbia senso riassumere un'opera poetica. Basti qui concludere con l'unica cosa che realmente conta: ci troviamo dinanzi ad una nuova tessera nel mosaico della poesia contemporanea, che merita decisamente la lettura. 

Per acquistare il libro o per leggerne un estratto clicca qui.

tutti i diritti riservati - credito immagine: copertina "La Via Cava" LietoColle, lietocolle.com 

martedì 8 marzo 2016

INTERVISTA A GIANNI MAROCCOLO



È una delle pietre miliari della musica italiana. Il suo basso ha scaldato i Litfiba, i CCCP, i CSI, i PGR, i Beau Geste. Ha lanciato i Marlene Kuntz. Ha lasciato il segno come pochi nel panorama musicale italiano degli ultimi 30 anni. Stiamo parlando di Gianni Maroccolo, impegnato oggi nella tournee “Vdb23 – Nulla è andato perso”, un viaggio emozionale in continua evoluzione, che sta toccando varie città italiane.
Oggi abbiamo l'onore di poterlo intervistare...

Il tuo presente appare carico di passato. Non un passato nostalgico, ma un "passato attivo". Il tuo riavvicinarti ai Litfiba e ai CSI, gli ultimi concerti e anche questo tour [che, ricordiamo ai nostri lettori, toccherà Vittorio Veneto sabato 19 marzo] che prende il nome dall'ultimo disco che hai scritto con Claudio Rocchi e che si è avvalso della collaborazione di molti grandi artisti che hanno segnato la tua storia personale.
Qual è il peso del passato nel futuro di un artista? E qual è il peso dell'aspettativa? Come ti poni, come artista, nel rapporto tra sguardo al passato e aspettativa del futuro?
"Può sembrare una banalità, ma credo che il nostro passato determini, nel bene e nel male, il nostro presente. Siamo "oggi" perché siamo stati "ieri". 
Personalmente non vivo di ricordi né di rimpianti. Mi volto spesso indietro per comprendere meglio i miei errori, per evitare di ripeterli, per provare a migliorarmi come persona, ma fondamentalmente per comprendere meglio il mio presente e quello che mi circonda. In linea di massima questo vale sia per l'uomo che per il musicista; anche perché, nel mio caso, è esattamente la stessa identica cosa. Dopodiché sono consapevole come musicista di aver prodotto in questi anni qualcosa di importante; credo di essere stato fortunato, ma lungi da me vivere sugli allori di ciò che è stato e che comunque non tornerà. Direi che aumentano le responsabilità e soprattutto lo stimolo a provare ad alzare sempre un po' l'asticella ogniqualvolta affronto un nuovo progetto.
"Nulla è andato perso" mette a fuoco in pieno il mio approccio alla musica, alla vita. Narra dell'arte dell'incontro, ricerca la condivisione emozionale... Se qualche anno fa mi avessero detto che avrei messo un mio concerto in scena mi sarei messo a ridere.
E invece sta accadendo grazie ad Andrea Chimenti, Beppe Brotto, Antonio Aiazzi, Simone Filippi, a cui devo davvero molto."


Quando ti ascolto ho l'impressione di essere un'isola che attende i doni di un mare dall'orizzonte infinito, a volte tormentato, a volte calmo.
Nella tua storia di vita esiste un rapporto con il mare, con l'elemento acqua. 
Puoi parlarci di questo rapporto e quanto, nel Gianni di oggi, lo senti ancora vivo?
"Il mare, l'acqua, le profondità sono parte di me. Il destino ha voluto cambiare le carte in tavola... Studiavo per diventare Capitano di Lungo Corso e attendevo di finire il Nautico per potermi imbarcare e girare il mondo. Ha preso il sopravvento, senza che io abbia fatto nulla perché ciò accadesse, l'altra mia grande passione: la musica. Ed è accaduto per puro caso. O forse no, perché forse "nulla avviene mai a caso". 
Nel mare, nel moto perpetuo delle onde, nelle maree, nella maestosità, nei venti, nel profumo dell'acqua... c'è molto di me e del mio modo di fare musica. Acau fu dedicato interamente a tutto questo."

Che impressione hai del panorama musicale italiano odierno? Vedi degli spiragli interessanti, dei gruppi da tenere d'occhio, o credi invece che certe logiche commerciali e certe rappresentazioni effimere, specie televisive, abbiano definitivamente sacrificato una pretesa di qualità ad altro?
"Credo che siamo in un periodo di profonda mutazione generale. Stiamo traghettando da un'epoca ad un'altra che ancora non riusciamo a mettere a fuoco. Un periodo estremamente doloroso e complesso per tutta l'umanità, dove a farne le spese sono, come sempre, i popoli più bisognosi. Nel suo piccolo, la musica, vive le stesse contraddizioni e difficoltà. Ma non mi sento di dire che "era meglio prima". Ogni periodo vive di elementi affini al contesto temporale perché ogni cambiamento radicale necessita di tempo per manifestarsi. Le logiche commerciali, i media, il mercato, le multinazionali, anche in passato non hanno mai considerato più di tanto la musica di qualità o comunque tutti quei tentativi di musica "diversa". Non mi stupivo ieri e non mi stupisco oggi, ma penso che dipenda un po' da tutti; il mercato ci propina sì e no il 10% della musica che viene prodotta e suonata nel mondo... beh andiamo a scoprire quel 90% !!! Scopriremo che la musica di qualità, la sperimentazione, lo spessore, si possono trovare eccome. Evitiamo l'eccessivo pessimismo... le avanguardie a breve usciranno dalle loro cantine e ci sarà da divertirsi. Se devo fare qualche nome beh... Iosonouncane - Pasquale Demis Posadinu - Andrea Andrillo."

Molti appassionati (mi ci metto anch'io) dicono che tu, come nessun altro, hai saputo "donare personalità" al basso. Uno strumento che in genere pare quasi restare in secondo piano nei concerti, se suonato da te ha acquisito una nuova veste in tutti i gruppi che hanno fatto parte della tua storia. C'è qualcosa in cui ti senti di assomigliare al tuo basso? Qual è l'aspetto della tua personalità che senti di riversare maggiormente nelle sue corde?
"Il mio basso è affidabile, non tradisce mai. Credo di essere simile a lui nella vita."

Infatti Gianni, non tradisci mai...

Le prossime date del tour di "Vdb23 Nulla è andato perso" sono:
11 marzo, Associazione Culturale Ohibò, Milano
12,13 marzo, Circolo Ribalta, Vignola (Modena)
19 marzo, Spazio MAVV, Vittorio Veneto (Treviso)

 tutti i diritti riservati - credito immagini: 1) giannimaroccolo.com, sito ufficiale Gianni Maroccolo; 2) copertina album Vdb23 Nulla è andato perso - la proprietà delle immagini appartiene ai rispettivi autori
              

lunedì 7 marzo 2016

8 MARZO IN POESIA

Il senso dell'8 marzo è in un gesto, o forse nelle parole. Si parla di donne morte in una fabbrica americana, ma pare non vi siano legami effettivi, se non quello di un fatto realmente accaduto, tra i tanti, completamente svincolato dall'8 marzo.
Quale ne sia l'origine, forse nei meandri della Rivoluzione Russa, forse in altro, il personale omaggio che ne traggo è nelle parole scandite da quella che fu la prima poetessa nota ad aver scritto dei versi, ovvero Saffo.
Per "poetessa nota" intendo "poetessa famosa, nota alla generalità delle persone", non certo "prima poetessa della storia", poiché questo titolo spetta, ad oggi, ad una sacerdotessa e poetessa sumerica, Enkheduanna.


< Le stelle intorno alla venusta luna
occultano di nuovo il rilucente aspetto
quando piena al culmine rifulge
sulla terra [...] >

< ἄστερες μὲν ἀμφὶ κάλαν σελάνναν
ἂψ ἀπυκρύπτοισι φάεννον εἶδος
ὄπποτα πλήθοισα μάλιστα λάμπηι
γᾶν [...] >

Forse più eloquente di mille mimose in una giornata come la Festa della Donna è la parola eternizzata da una donna. 


tutti i diritti riservati - traduzione dal greco di Lorenzo La Monica Dorigo - credito immagine: Eugene Zelenko (Wikipedia)

sabato 5 marzo 2016

MORGAN LOST - Una nuova perla del fumetto italiano

Ho atteso cinque numeri prima di decidermi a scrivere una recensione. Già dopo aver letto il primo, mi ero reso conto che il nuovo nato in casa Sergio BonelliMorgan Lost, è qualcosa di diverso, non è un fumetto come gli altri, ma come spesso accade in questi casi, meglio attendere un quadro più completo prima di esprimere la propria opinione.
Nato dalla penna di Claudio Chiaverotti, già noto per essere stato sceneggiatore di molti numeri di Dylan Dog (con l'Indagatore dell'Incubo esordì nel 1989, sceneggiando il numero 34, Il Buio - disegni di Pietro Dall'Agnol) e per aver creato Brendon, fumetto ora non più edito, Morgan Lost appare già come un classico, dopo soli cinque numeri editi.

Il protagonista, Morgan Lost appunto, è un cacciatore di taglie, un indomabile cacciatore di serial killer, di cui la sua realtà è infestata. 

La base della storia ha natura ucronica e, per certi versi, distopica: l'ambientazione è in un futuro-non futuro, è impossibile cogliere il momento temporale preciso dello svolgimento della vicenda; vi sono una buona dose di elementi futuristici in contrasto con altri legati al passato, in un connubio generale che parte dall'Antico Egitto, passa per atmosfere da fine anni Quaranta, per concludersi in un futuro ipertecnologico. La connotazione temporale, dunque, è già di per sé bizzarra ed evocativa. Ma è l'aspetto distopico quello che più, ad avviso di chi scrive, si rivela interessante: molti elementi di Morgan Lost sono estremizzazioni negative della nostra società, filtrate dagli occhi del protagonista (colpito da una forma di daltonismo che si rispecchia nel colore del fumetto, bianco-nero-rosso). 

Questa distopia rende Morgan Lost un fumetto impegnato. Non impegnativo, certo, ma sicuramente impegnato. La vita nella metropoli di New Heliopolis è scandita dai ritmi della nostra modernità, condotti all'estremo. Corruzione, mancanza di valori e di morale, spettacolarizzazione di qualsiasi cosa, anche della morte. Ingredienti che, dopo tutto, non sono troppo lontani dal nostro presente. A fare da cornice alla scansione di questi passaggi, il sogno, l'incubo. Anche la realtà-non realtà si fonde con l'onirico, che a sua volta scava e attinge nei processi psicologici, in un vortice che coglie straordinariamente l'attenzione del lettore e ti fa desiderare, appena concluso un numero, che esca il successivo.


Morgan Lost non è un fumetto che si legge, è un fumetto che si vive. È un thriller fantastico-psicologico, dovendovi apporre un'etichetta. Ma forse non ha bisogno di etichette. È semplicemente Morgan Lost, e se non lo avete ancora "provato", vi consiglio di rimediare in fretta. Buona immersione.


Sono usciti, ad oggi:
1 - L'UOMO DELL'ULTIMA NOTTE (Chiaverotti-Rubini)
2- NON LASCIARMI (Chiaverotti-Talami)
3 - MISTER SANDMAN (Chiaverotti-Freghieri)
4 - LA ROSA NERA (Chiaverotti-Romeo)
5 - L'OROLOGIO DEL TEMPO (Chiaverotti-Liotti)

Per qualsiasi informazione ulteriore su Morgan Lost, si rinvia al sito ufficiale della Sergio Bonelli Editore


 © tutti i diritti riservati - credito immagine: Viale Assurdo




In generale in questo blog si fa riferimento a questioni artistiche. Oggi, tuttavia, ci preme fare un appello "fuori tema" a tutti i nostri affezionati lettori.

Il 17 aprile si terrà un importante referendum che riguarda la trivellazione del nostro mare alla ricerca di petrolio.

Questo blog accoglie l'appello di Legambiente, condividendone senso e finalità.

L'ambiente e la salute non sono barattabili con alcun tipo di profitto economico .


credito immagine: sito Legambiente.it